03 dicembre 2024
Sostenibilità
La COP29, la Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, si è conclusa a Baku con risultati che, sebbene segnino alcuni passi in avanti, lasciano comunque un forte senso di insoddisfazione. L'evento ha visto la partecipazione di circa 190 paesi e ha affrontato temi cruciali come la finanza climatica, la transizione energetica, e la protezione delle popolazioni vulnerabili dai danni derivanti dai cambiamenti climatici. Ma, come sempre accade a questi appuntamenti globali, il bilancio finale è diviso tra chi parla di successo e chi di fallimento.
Le principali decisioni e i loro impatti
Uno dei temi centrali della COP29 è stato il rafforzamento della finanza climatica, elemento imprescindibile per permettere ai paesi in via di sviluppo di affrontare le sfide legate ai cambiamenti climatici. Durante il vertice, i paesi sviluppati hanno promesso di stanziare 300 miliardi di dollari all’anno per sostenere i paesi vulnerabili, con un focus particolare sulla protezione delle popolazioni che rischiano di subire danni irreparabili a causa degli eventi climatici estremi. Questo impegno, però, ha sollevato perplessità: molti critici ritengono che questa somma non sia sufficiente a coprire le necessità effettive, e che i fondi siano ancora troppo legati a condizioni di prestito, piuttosto che a contributi diretti a fondo perduto.
Un altro punto cruciale è stato quello della transizione energetica. La COP29 ha visto una spinta verso la promozione delle energie rinnovabili, ma non è stata raggiunta una vera e propria accelerazione nelle politiche internazionali per il disincentivare i combustibili fossili.
La Conferenza ha anche discusso le modalità di attuazione del "Loss and Damage", il meccanismo che punta a compensare i danni già subiti dai paesi più vulnerabili. Qui i risultati sono stati moderati: sebbene si sia registrato un accordo per la creazione di un fondo specifico, la distribuzione dei fondi rimane ancora una questione irrisolta. Le modalità di gestione e i criteri per l’accesso a questi finanziamenti sono stati al centro di intensi negoziati.
L'accordo sui crediti di carbonio: una nuova frontiera per la finanza climatica
Una delle decisioni più discusse della COP29 riguarda l'accordo sui crediti di carbonio, un tema che ha suscitato ampie polemiche all'interno della comunità internazionale. La COP29 ha sancito l'avvio di un nuovo sistema globale per la compravendita dei crediti di carbonio, che permette alle imprese e ai paesi di acquistare e vendere crediti per compensare le loro emissioni di CO2. Questo sistema si inserisce nell'ambito dell'Articolo 6 dell'Accordo di Parigi, che prevede il ricorso ai mercati del carbonio per ridurre le emissioni a livello globale.
L'accordo raggiunto a Baku ha previsto la creazione di un mercato dei crediti di carbonio regolamentato a livello internazionale, con la promessa di evitare il fenomeno dei "doppioni" (ovvero, che lo stesso credito venga venduto più volte). Tuttavia, questo meccanismo ha suscitato diverse critiche, in particolare per la possibilità che venga utilizzato dai paesi più ricchi per continuare a emettere CO2, acquistando crediti dai paesi in via di sviluppo, senza ridurre in modo significativo le proprie emissioni.
Le critiche: non basta per evitare il collasso climatico
Nonostante le dichiarazioni ufficiali di ottimismo da parte di alcuni leader mondiali, il bilancio della COP29 ha suscitato numerose critiche. Tra i principali punti di discontento figura la mancata definizione di obiettivi più ambiziosi per la riduzione delle emissioni di CO2. Le promesse di ridurre drasticamente le emissioni nel prossimo decennio sembrano insufficienti per rispettare gli accordi previsti dall’Accordo di Parigi, che stabilisce l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C sopra i livelli preindustriali.
Anche l’assenza di impegni vincolanti per il taglio immediato delle emissioni da parte dei maggiori inquinatori come Cina e India è stata una delle critiche più forti. Se i paesi industrializzati sono chiamati a ridurre le loro emissioni, molti paesi in via di sviluppo insistono sulla necessità di un accesso più equo alle tecnologie innovative e agli investimenti. Questi conflitti tra Nord e Sud globale rimangono uno degli ostacoli principali per la riuscita di un accordo efficace e universalmente accettato.
La strada da percorrere
L’ombra della COP29 si proietta ora sulla preparazione della COP30, che si terrà nel 2025 a Belem, in Brasile. Gli scienziati, i leader ambientalisti e i movimenti giovanili chiedono una maggiore determinazione e ambizione da parte dei governi. La comunità internazionale dovrà affrontare scelte difficili e urgenti per evitare che la Terra si avvii verso un irreversibile punto di non ritorno. Mentre i paesi continuano a lottare per arrivare a un accordo che bilanci equità, sviluppo e tutela dell'ambiente, la COP29 ha mostrato che la diplomazia climatica è ancora un campo di negoziato complesso e ricco di contraddizioni. Il futuro del nostro pianeta dipende da quanto i leader mondiali sapranno trasformare gli impegni in azioni concrete nei prossimi anni. In attesa delle prossime conferenze, la comunità globale dovrà affrontare un’altra domanda cruciale: quanto tempo possiamo ancora permetterci di non agire con determinazione per il nostro clima?
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